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Tag: dolore

Un dente devitalizzato può fare male?

I denti devitalizzati a volte possono fare ancora male e spesso i pazienti si chiedono per quale motivo ciò avvenga. In questo articolo capiremo quali sono i motivi per cui un dente devitalizzato fa male e, soprattutto, analizzeremo le possibili soluzioni a questo problema.

Innanzitutto, è importante distinguere due situazioni: quando il dente è appena stato devitalizzato e quando il dente inizia a provocare fastidio tempo dopo.

Immediatamente dopo la devitalizzazione è normale avvertire dolore: questa, di fatto, è l’unica complicanza che può affliggere il dente sottoposto a questa tipologia di trattamento odontoiatrico.

Tuttavia, grazie alle attuali tecniche e al miglioramento delle procedure di anestesia, oggi l’intervento di devitalizzazione è molto meno doloroso di quanto non fosse in passato.

Come eliminare il dolore dopo la devitalizzazione

Se subito dopo l’intervento (o qualche giorno dopo) il dente fa male o crea fastidio, potresti applicare del ghiaccio a fasi alterne (di circa 15-20 minuti). Il freddo, infatti, provoca una vasocostrizione e può quindi aiutare a diminuire dolore o gonfiore originatosi in seguito al trattamento.

Se invece il dolore è piuttosto intenso, assumere antidolorifici o antinfiammatori – come paracetamolo, ibuprofene o ketoprofene – sarà sicuramente d’aiuto. Ricorda però di non abusare di questi farmaci, dato che possono anche avere degli effetti collaterali.

È buona norma al fine di evitare ulteriori problematiche effettuare una corretta ed accurata igiene dentale, sottoponendosi poi anche a sedute di igiene professionale.

Un occhio di riguardo dovrebbe anche riguardare l’alimentazione: sarebbe bene, infatti, non consumare (o farlo in maniera limitata) cibi dolci: questi alimenti costituiscono il nutrimento dei batteri che possono proliferare e provocare danni.

Infine, anche il fumo dovrebbe essere evitato: le sostanze in esso presenti, infatti, svolgono un ruolo notevole nell’irritazione dei tessuti del cavo orale.

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Solitamente, comunque, il dolore dovuto alla devitalizzazione sparisce dopo pochi giorni. Se però questo non accade, le cause possono essere diverse. Cerchiamo di capire quali siano ed eventualmente come risolverle.

Un dente devitalizzato viene volgarmente definito “morto”, in quanto la polpa – che costituisce il tessuto vitale di un elemento dentario – viene completamente rimossa anche a livello delle radici.

E allora perché in alcuni casi il dente devitalizzato fa male?

Devi sapere che i denti hanno dei recettori di pressione che, se stimolati oltre la soglia, provocano una sensazione di dolore.

Il trattamento di un dente che fa male dopo una devitalizzazione dipende dalla causa che lo provoca.

Se la sintomatologia dolorosa dipende da un trattamento non correttamente eseguito, l’odontoiatra potrebbe ritenere opportuno effettuare un ritrattamento. Questo prevede la riapertura del dente, la pulizia di camera pulpare e canali radicolari e la loro corretta otturazione.

Questa metodica è indicata anche nel caso in cui il dolore sia dovuto all’infiltrazione batterica nei tessuti più profondi. I trattamenti antibiotici, che solitamente vengono prescritti in caso di infezione, non sono sufficienti a risolvere il problema. Questi farmaci, infatti, alleviano soltanto la sintomatologia acuta, ma è assolutamente necessario ritrattare il dente per poter debellare completamente l’infezione.

Se invece il dolore è causato da una pressione eccessiva – provocata, per esempio, da un restauro incongruo che rende il dente “troppo alto” dando origine ad un precontatto – una soluzione potrebbe essere “limare” il dente per ridurre questa interferenza.

Afte e lesioni della mucosa orale

Afte e lesioni della mucosa orale, cosa sono, da cosa sono causate e quali sono i rimedi? La stomatite aftosa ricorrente è la malattia ulcerativa più frequente della mucosa orale.

LE AFTE

La stomatite aftosa ricorrente è la malattia ulcerativa più frequente della mucosa orale.
In base alle manifestazioni cliniche, si distinguono tre forme:

  • AFTE MINORI
  • AFTE MAGGIORI
  • AFTE ERPETIFORMI
  • Le afte minori sono le più frequenti e la sede preferenziale è la mucosa del labbro inferiore. Hanno l’aspetto di ulcerazioni tondeggianti ricoperte da membrane biancastre (fondo bianco-giallastro), circondate da un alone eritematoso (rosso), molto dolorose. Hanno un diametro inferiore ad 1 cm e sono frequenti anche noi bambini.

    Guariscono spontaneamente nel giro di 10-15 giorni, ma in pazienti predisposti tendono facilmente a recidivare, per questo si tende a parlare di una patologia ricorrente.
  • Le afte maggiori (diametro maggiore di 1 cm) appaiono più frequentemente sulla mucosa delle labbra, palato molle e pilastri palatini. Richiedono un tempo di guarigione più lungo delle forme minori (anche fino ad 1 mese) e per la loro estensione sono più dolorose.
  • La stomatite aftosa erpetiforme è caratterizzata da gruppi numerosi di piccole ulcerazioni puntiformi, che durante l’evoluzione possono fondersi tra loro.

    Questa malattia viene spesso confusa con l’herpes simplex che tuttavia si manifesta solo sulla mucosa cheratinizzata del palato duro, del bordo vermiglio delle labbra, del dorso linguale e della gengiva fissa, e non sulla mucosa di guancia, pavimento della bocca e versante interno delle labbra, dove invece si trova una mucosa non cheratinizzata e dove si sviluppano le afte.

DA COSA POSSONO ESSERE CAUSATE LE AFTE?

Nonostante la stomatite aftosa sia da molto tempo oggetto di indagini cliniche e sperimentali, le cause non sono ancora chiare, ma vi sono fattori di natura esogena (esterni all’organismo) o endogena (interni all’organismo) che ne favoriscono la comparsa.

  • Traumi occasionali
    Morsicature, spazzolamenti energici, contatto con oggetti o cibi taglienti come lische di pesce o briciole, alimenti e bevande ustionanti, trattamenti odontoiatrici, protesi sporgenti, punture.
  • Microrganismi dannosi
    Batteri come gli Streptococchi, Virus come l’Herpes e funghi come la Candida, attivi soprattutto in concomitanza di un calo delle difese immunitarie nei portatori di protesi e apparecchi ortodontici o a causa di scarsa igiene orale e infezioni dentali o parodontali.
  • Fattori genetici
    L’afta tende a presentarsi se vi sono casi precedenti nelle propria famiglia, soprattutto nei gemelli omozigoti.
  • Fattori nutrizionali
    Anemia e scarso consumo di alimenti contenenti ferro, zinco, acido folico, vitamine del gruppo B.
  • Allergie
    Intolleranza a particolari cibi o bevande, sindromi allergiche causate da farmaci.
  • Condizioni psicologiche
    Eccessivo stress da lavoro o studio, stati d’ansia o depressione.
  • Fumo
    I fumatori sono più predisposti ad afta poiché il fumo induce cheratinizzazione della mucosa orale.

QUALI SONO I RIMEDI?

Generalmente le afte tendono a regredire spontaneamente sempre che la causa non sia una precisa patologia per la quale bisognerà appurarne le cause con appositi esami.

Le afte non sono contagiose, né pericolose. Tuttavia il dolore e i talvolta lunghi tempi di guarigione possono influenzare negativamente l’alimentazione, la vita sociale del soggetto e l’attività lavorativa. Per questo, in molti casi il trattamento si rende necessario più per il controllo del dolore e per velocizzare i tempi di guarigione, piuttosto che per la patologia stessa.

Il dolore orofacciale: sintomi e consigli per affrontare al meglio questo disturbo

Il dolore orofacciale è un disturbo molto fastidioso che può coinvolgere il viso e la testa. Questo problema può essere associato ad alcune patologie dentali, anche se spesso le cause sono da ricercare altrove.

Il dolore orofacciale può colpire il viso, la testa, il collo o l’interno della bocca e fa riferimento a una branca dell’odontoiatria specializzata nella diagnosi e nella cura del dolore non dentale. Questa condizione è associata ad alcuni disturbi, tra cui i più frequenti sono quelli muscoloscheletrici e in particolare i temporomandibolari (ATM), che coinvolgono le articolazioni deputate al movimento della mandibola e colpiscono anche i muscoli che permettono di masticare e parlare, oltre che altre strutture associate.

Il dolore orofacciale colpisce più di frequente le donne, anche se circa il 5-12 per cento delle persone può sviluppare disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare.

Una delle manifestazioni di questa patologia è il dolore miofasciale, per cui il dolore si localizza in una parte diversa del corpo rispetto a quella in cui ha origine: si parla in questo caso di “dolore riferito“. Se il paziente, ad esempio, presenta dolore ai denti senza una causa correlata, questo potrebbe essere “riferito” da altri muscoli del viso o della testa.

Un’altra tipologia di dolore orofacciale è la nevralgia del trigemino. In questo caso, il dolore si presenta come breve, acuto, lancinante e intenso e può essere provocato da azioni normalmente innocue, come ad esempio toccarsi leggermente il viso, lavarsi i denti, parlare, masticare o radersi.

La sindrome della bocca che brucia è un’altra forma di dolore orofacciale, che implica una sensazione di bruciore nella bocca e di frequente anche nella lingua.

Anche l’emicrania localizzata nel viso può essere confusa con un dolore dentale o facciale, mentre spesso è sintomo dei disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare e della cefalea, che possono presentarsi in contemporanea e provocare un aumento di intensità o una cronicizzazione del problema.

In generale, il dolore è un’esperienza personale, spesso complicata da spiegare. È però molto utile per i medici sapere dove è localizzato, se è sempre presente o intermittente, la sua durata e qualsiasi sintomo associato. Descrivere il dolore può aiutare anche a localizzare le sue cause: ad esempio, nel caso in cui il dolore sia simile a scosse elettriche, è possibile un coinvolgimento dei nervi. Se invece il dolore si manifesta all’apertura della bocca, o quando si mastica o parla, potrebbe trattarsi di un disturbo dell’articolazione temporo-mandibolare.

Per questo è importante parlarne e affidarsi alla competenza di esperti e specialisti, come quelli della Dental One , in grado di trovare la diagnosi e le cure giuste in base alle specifiche patologie.

CURETTAGE GENGIVALE

Cos’é? Conosciuto anche con il nome di raschiamento e levigatura radicolare, il curettage gengivale è una pulizia dei denti più profonda rispetto a quella classica che ha l’obiettivo di eliminare i batteri presenti nella zona delle gengive.

In cosa consiste? E’ una procedura che rimuove la placca e il tartaro che si accumula nelle cosiddette tasche parodontali, ossia quella parte di tessuti sotto la gengiva che circondano il dente, evitando così l’infiammazione delle gengive e l’avanzamento di malattie e disturbi parodontali.

Come si esegue? Dopo un esame iniziale della cavità orale e la diagnosi del problema l’odontoiatra valuta le zone in cui intervenire. Individuata l’area, viene eseguita un’anestesia locale e attraverso uno strumento specifico, chiamato curette o cucchiaio chirurgico, lo specialista esegue le procedure di raschiamento della parete dentale sotto la gengiva per rimuovere il tartaro e la placca in profondità dalle tasche gengivali. Al termine del trattamento, per nulla invasivo, l’area del curettage gengivale viene disinfettata con un apposito liquido e dopo qualche giorno la gengiva del paziente tornerà ad aderire ai denti.

Quando è necessario farlo? Si ricorre a un curettage gengivale ogni volta che si è in presenza di un disturbo parodontale o di una gengivite, due problemi orali tra i più comuni e tra i più frequenti su cui è bene intervenire sin dai primi sintomi.

Quali sono i postumi di questo trattamento? Uno svantaggio è che, dopo la cura, in seguito allo sgonfiamento della gengiva i denti possono essere più sensibili per alcuni giorni.

LA PULPITE

Cos’è la pulpite? La pulpite è un processo infiammatorio della polpa dentaria che, in gergo, viene chiamato “infiammazione del nervo del dente.” E’ una delle più comuni e frequenti cause di mal di denti.

Da cosa è causata ? Compare spesso come conseguenza di una carie dentaria, trauma dentale e parodontite (piorrea).

Quali sono i sintomi? Il dolore è il sintomo principale della pulpite, la cui intensità – da lieve a moderata – è sempre accentuata da stimoli termici (caldo/freddo), chimici (dolci e zuccheri) o meccanici (masticazione).

Come si cura? Il trattamento della pulpite consiste nel minimizzare i sintomi (dolore) e nel rimuovere la causa responsabile del processo infiammatorio. La cura per la pulpite è relativamente semplice; tuttavia, quando l’infiammazione non viene accuratamente trattata, il dente può andare incontro ad un processo degenerativo-necrotico (perdendo la propria vitalità). In simili circostanze, la pulpite richiede la devitalizzazione, la rimozione parziale della polpa o l’estrazione del dente.

Si può prevenire? La miglior cura per la pulpite è la prevenzione . Dato che la maggior parte delle pulpiti è conseguenza di processi cariogeni, l’adozione di alcuni semplici accorgimenti alimentari, abbinata alla correzione di uno stile di vita scorretto e controlli periodici dal dentista può prevenire l’insorgere della pulpite.

LA DEVITALIZZAZIONE

Cos’è? La devitalizzazione – detta anche trattamento canalare – è un intervento di salvataggio del dente in quanto ne esclude la sua estrazione.

In cosa consiste? La devitalizzazione è una procedura chirurgica che prevede la distruzione e la successiva rimozione della polpa di un dente; si esegue quando questo tessuto, ricco di terminazioni nervose e vasi sanguigni, viene irrimediabilmente compromesso da processi cariogeni estesi, traumi od altri disturbi dentali gravi. La devitalizzazione include anche la sigillatura del canale pulpare con speciali cementi e materiali biocompatibili, tali da impedire un’eventuale, possibile, diffusione batteriche nelle sedi circostanti.

Quando va devitalizzato un dente? Quando la carie è  molto estesa e profonda (la devitalizzazione è indicata per i processi cariogeni non trattabili mediante semplice otturazione), per trauma dentale, per grave pulpite, per ascesso dentale o per frattura grave di un dente e per quei denti che richiedono l’incapsulazione.

Cosa succede al dente devitalizzato? Il dente può “vivere” anche senza la sua polpa. Tuttavia, dopo l’intervento, è necessario ricostruire la corona perché il dente – privato della sua polpa vitale – diventa più fragile e più soggetto a fratture o traumi.

Quali sono i sintomi ? In presenza di un forte ed inarrestabile mal di denti specie se accompagnato da gonfiore, dolore durate la masticazione ed ipersensibilità a caldo e freddo, si raccomanda vivamente la visita dal dentista. Questi sintomi, infatti, possono essere spia accesa di un processo cariogeno profondo (che ha raggiunto la polpa) o di un’ infezione pulpare grave.

Da chi viene eseguita? La devitalizzazione è un intervento delicato; pertanto, dev’essere eseguito esclusivamente da personale competente e specializzato. Gli endodonzisti sono odontoiatri (dentisti) specializzati nella diagnosi e nella cura di infezioni o traumi a carico della polpa del dente. 

E’ dolorosa? Oggi, la devitalizzazione è un intervento endodontico pressoché INDOLORE, sempre eseguito in anestesia locale. Grazie al perfezionamento tecnologico delle procedure anestetiche, la devitalizzazione non è più dolorosa di una comune otturazione

Denti del giudizio

  1. Quali sono?
  2. Quando compaiono?
  3. Perchè crescono?
  4. Quando estrarli?

Quali sono?

I denti del giudizio sono i terzi – nonché ultimi – molari che spuntano nelle arcate dentarie. Chiamati anche ottavi, i denti del giudizio devono il loro singolare nome all’età in cui erompono attraverso le gengive: rispetto agli altri denti, quelli del giudizio tardano ad affiorare per comparire normalmente tra i 18 ed i 25 anni, un’età che – almeno teoricamente – potrebbe essere definita “epoca del giudizio”.
Denti del giudizio

Quando compaiono?

La comparsa dei quattro denti del giudizio stabilisce il completamento della dentizione permanente : in condizioni normali, ogni dente del giudizio occupa l’ultima – nonché la più interna – posizione di ogni semiarcata dentale.
Tuttavia, non sempre i terzi molari fanno il loro esordio: non è infatti raro che uno o più denti del giudizio, rimanendo inglobati nell’osso e nella gengiva, manchino di spuntare. In simili circostanze, la dentizione permanente incompleta riflette una condizione nota come ipodonzia (i denti del giudizio sono meno di quattro).
Altre volte, pur riuscendo parzialmente ad erompere dalla gengiva, i denti del giudizio non completano il proprio sviluppo: in simili circostanze, i terzi molari, non trovando lo spazio sufficiente per concludere la crescita, rimangono ancorati nell’osso mascellare o mandibolare. Lo sviluppo incompleto dei denti del giudizio può, a sua volta, predisporre alla formazione di focolai d’infiammazione cronica, tanto da rendere necessaria l’estrazione del dente .

Perché crescono?

È oramai assodato che i denti del giudizio sono pressoché inutili ai fini della masticazione e dell’estetica del sorriso. La domanda che sorge spontanea è dunque la seguente: perché crescono?
Per rispondere a questo interrogativo si deve fare un passo indietro, e retrocedere di qualche milione di anni: i denti del giudizio sono un patrimonio ereditario che ci perviene dagli antichi ominidi. Per far fronte ad una dieta (letteralmente) primitiva – composta da carni crude  ed alimenti duri e tenaci – i nostri antenati necessitavano di denti molto robusti, e di mascelle altrettanto forti e resistenti. L’evoluzione e la lotta per la sopravvivenza hanno così “regalato” i denti del giudizio agli uomini del passato, facilitando loro la masticazione di questi alimenti.
Nell’epoca moderna, invece, l’alimentazione è più soft, composta dunque da cibi più morbidi che non richiedono una masticazione così vigorosa ed energica. Per questa ragione, le mandibole dell’uomo contemporaneo sono andate incontro ad una vera e propria evoluzione (per meglio dire, involuzione) sicuramente poco felice: essendo meno sviluppate rispetto al passato, le mascelle di dimensioni ridotte impediscono od ostacolano il corretto sviluppo dei denti del giudizio.

Quando estrarli?

Non sempre è necessario procedere con l’estrazione di uno o più denti del giudizio ,difatti, quando sono perfettamente allineati e non creano disturbi di alcun tipo, i denti del giudizio possono anche rimanere nella loro sede naturale per tutta la vita. Nonostante quanto affermato, alcuni dentisti sono del parere che i denti del giudizio vadano sempre e comunque rimossi chirurgicamente, in quanto inutili ai fini della masticazione e (soprattutto) possibile fonte di disturbi gengivali e patologie parodontali.
Ad ogni modo, ciò che è certo, è che l’estrazione dei denti del giudizio si rivela indispensabile nelle seguenti circostanze:

  • I denti del giudizio sono colpiti da carie o pulpiti in questo caso, si sconsiglia vivamente di sottoporsi ad un intervento di otturazione o di devitalizzazione  per correggere l’infezione. Una scelta simile non avrebbe molto senso proprio perché si andrebbe a salvare un dente “inutile” ai fini della masticazione, sottoponendosi perciò ad un intervento superfluo.
  • I denti del giudizio sono gravemente danneggiati da ASCESSI DENTALI, cisti o granulomi dentali od altre gravi complicanze.
  • Il dente del giudizio cresce in modo scorretto e NON È ALLINEATO con gli altri denti: la posizione anomala assunta dal terzo molare non solo impedisce od ostacola la corretta pulizia dentale.
  • Il mancato/incompleto sviluppo dei terzi molari può causare MAL DI DENTI ed infiammazione gengivale. Inoltre, un difetto di crescita dei denti del giudizio crea una sorta di avvallamento gengivale, entro il quale i batteri possono penetrarvi, dando avvio ad una serie di danni ed infezioni che vanno via via degenerando.
  • Un DENTE PARZIALMENTE INTRAPPOLATO nella gengiva può minare salute e stabilità dei denti attigui: non trovando spazio a sufficienza, i denti del giudizio spingono gli altri, provocando denti storti, difficoltà masticatorie ed affollamento dei denti, ponendo le basi per una malocclusione dentale più grave.
  • I DENTI DEL GIUDIZIO RIMANGONO INCLUSI, ovvero incastrati nell’osso mandibolare/mascellare e non sono visibili ad occhi nudo. La permanenza di questi denti nei mascellari può predisporre allo sviluppo di cisti che, a lungo andare, possono favorire infezioni od indebolire l’osso portante.
  • I denti del giudizio CRESCONO ORIZZONTALMENTE e, spingendo sui secondi molari, provocano dolore durante la masticazione. La crescita obliqua dei denti del giudizio favorisce il deposito di residui di cibo sulle fessure gengivali che, inevitabilmente, si vengono a formare: anche in questo caso, i batteri trovano le porte aperte per avviare un processo infettivo che si traduce in carie e pulpiti.
  • I denti del giudizio sono SOPRANNUMERO: condizione opposta all’ipodonzia, si parla di iperdonzia quando i terzi molari sono più di quattro. Anche in questo caso, l’estrazione si rivela necessaria.
  • I DENTI DEL GIUDIZIO SI SCHEGGIANO o si rompono: in simili circostanze, denti rotti o scheggiati, possono favorire la penetrazione dei batteri al loro interno, ponendo le basi per la formazione di pulpiti e granulomi dentali.

Estrazione precoce dei denti del giudizio

L’estrazione precoce del dente del giudizio è una questione ancora aperta. Il parere degli esperti in materia si divide in due: mentre alcuni dentisti consigliano di togliere sempre e comunque i denti del giudizio perché, statisticamente, predispongono ad infezioni ed infiammazioni, altri propongono di estrarli solo quando sono effettivo motivo di disturbo, dolore ed infezione.
Premesso che ogni paziente dev’essere attentamente valutato dal proprio dentista di fiducia, i denti del giudizio si possono comunque estrarre precocemente, anche in assenza di dolore o di altri disturbi.
L’estrazione precoce del dente del giudizio, prima della sua estrusione dalla gengiva, è vantaggiosa perché:

  • Riduce le difficoltà d’estrazione: la rimozione chirurgica di un terzo molare già pienamente formato richiede un intervento più invasivo rispetto a quella che richiederebbe un dente del giudizio non ancora spuntato e in fase germinale
  • L’intervento è meno rischioso e più semplice: il dente del giudizio, ancora allo stadio germinale, viene rimosso mediante una semplice incisione attraverso cui il germe del dente viene fatto sgusciare fuori molto agevolmente
  • Favorisce un miglior decorso post-operatorio: il paziente recupera più velocemente la totale capacità masticatoria dopo l’estrazione precoce del dente del giudizio
  • Minor complicanze post-estrazione: estrarre un dente del giudizio già formato può provocare dolore anche nei 7-15 giorni successivi all’intervento. Diversamente, la rimozione chirurgica di un dente del giudizio allo stadio germinale si rivela più agevole e meno complessa
  •  Riduce il rischio di lesionare le strutture anatomiche contigue al dente del giudizi

OTTURAZIONE

Che cos’ è? E’ una tecnica che consiste nel riempimento della cavità chesi viene a formare all’interno di un dente in seguito alla rimozione del tessuto dentale cariato.

Quali tipologie di otturazioni esistono? L’otturazione più diffusa è quella in composito. Generalmente, si sceglie questo materiale perché permette di realizzare l’otturazione nello stesso colore del dente naturale. Questo tipo di materiale è composto da particelle di resina composita e viene inserito nella cavità del dente subito dopo la rimozione del tessuto cariato. Un’altra tecnica utilizzata, in caso di carie molto estese, è l’intarsio. L’intarsio è costituito da materiale biocompatibile di elevato pregio estetico oltre ad essere maggiormente resistente nel tempo.

Quali sono le fasi per fare un’otturazione? Si procede con l’anestesia locale al dente cariato, in modo da non provocare dolore al paziente durante l’operazione, e si attendono alcuni minuti per dare tempo all’anestetico di fare effetto, si elimina la carie con l’apposita strumentazione e lo spazio creato all’interno del dente viene quindi riempito con il materiale scelto dal dentista.

Quanto tempo ci vuole per fare un’otturazione? In genere, se si tratta di una carie di piccole dimensioni, basta un’otturazione semplice con un intervento che può variare dai 20 ai 60 minuti di durata. Se invece la carie ha già intaccato il dente più in profondità, l’intervento può richiedere più tempo.

E’ doloroso eseguire un’otturazione? L’intervento viene praticato normalmente in anestesia locale e non è particolarmente doloroso.

A chi affidarsi per una corretta otturazione dei denti? Dal momento che il processo cariogeno può essere causa indiretta di patologie anche gravi e legate a diverse parti dell’organismo, è necessario scegliere con attenzione la struttura a cui rivolgersi. È quindi consigliabile selezionare strutture odontoiatriche che si distinguono per la presenza di specialisti qualificati, tecnici esperti, tecnologie all’avanguardia e soprattutto un approccio a 360 gradi allo stato di benessere del paziente. Gli studi odontoiatri Dental One sono esclusivamente dedicati alla cura della salute orale per pazienti di ogni età e uniscono l’altissimo livello di specializzazione alla collaborazione integrata con tutte le altre unità.

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